La matematica della natura by Vincenzo Barone Giulio Giorello

La matematica della natura by Vincenzo Barone Giulio Giorello

autore:Vincenzo, Barone,Giulio, Giorello [Barone, Vincenzo Giorello, Giulio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Filosofia, Intersezioni
ISBN: 9788815329158
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2016-10-14T22:00:00+00:00


La forma dell’universo

Per due millenni gli Elementi di Euclide (inizio del III secolo a.C.) hanno rappresentato l’esempio supremo di un sapere strutturato deduttivamente, a partire da un insieme ristretto di proposizioni di base: ventitré «definizioni», cinque «postulati» e altrettante «nozioni comuni». Dei cinque postulati, quattro appaiono elementari e abbastanza intuitivi; il quinto è meno evidente. Ecco il suo enunciato: «Se una retta, intersecando due altre rette, forma con esse, da una medesima parte, angoli interni la cui somma è minore di due angoli retti, allora le due rette, illimitatamente prolungate, si incontrano dalla parte detta [cioè non sono parallele]». Esistono formulazioni equivalenti di questo postulato. Quella più nota, e più diffusa nei testi moderni, è dovuta al matematico scozzese del Settecento John Playfair: «Per un punto non appartenente a una data retta non è possibile tracciare più di una parallela a quella retta».

La peculiarità del quinto postulato è accentuata dal fatto che le dimostrazioni dei primi ventotto teoremi degli Elementi non lo richiedono (tra i teoremi successivi la cui dimostrazione si basa su questo postulato, ce n’è uno molto importante, su cui torneremo, quello che afferma che la somma degli angoli interni di un triangolo è pari a due retti, cioè a 180°). Per lungo tempo, molti matematici ritennero che il quinto postulato potesse essere dedotto dagli altri postulati e dalle nozioni comuni, cioè che fosse un teorema sotto mentite spoglie. Ma i numerosi tentativi di dimostrarlo si rivelarono infruttuosi. Nel corso del Settecento c’era ormai più che un semplice sospetto che il quinto postulato fosse indipendente dagli altri, e cominciò ad affacciarsi l’idea che fosse possibile, negandolo, costruire una geometria diversa da quella euclidea, ma ugualmente coerente. Il tedesco Ferdinand Karl Schweikart, uno dei tanti uomini di legge che si sono occupati felicemente di matematica nel tempo libero, sostenne nel 1818 l’esistenza di due geometrie: la geometria euclidea e una geometria alternativa, basata sul postulato che la somma degli angoli di un triangolo non è uguale a 180° (una possibilità che era stata studiata anche dal matematico svizzero Johann Heinrich Lambert e prima ancora dal gesuita italiano Gerolamo Saccheri, il quale aveva costruito un’intera geometria basata sulla negazione del quinto postulato, ma si era convinto – erroneamente – che fosse contraddittoria). Alla geometria non euclidea Schweikart diede il nome di «geometria astrale», perché riteneva che potesse valere solo nello spazio interstellare.

Nel frattempo, un’idea simile era stata concepita da Gauss, il quale fu il primo a cogliere un punto cruciale, e cioè che la geometria euclidea non ha una validità a priori e non è necessariamente la geometria dello spazio fisico. Egli sviluppò – senza tuttavia pubblicare la sue ricerche – una geometria non euclidea, in cui il quinto postulato di Euclide era sostituito dall’assunzione che per un punto esterno a una retta passa più di una parallela. La stessa geometria venne inventata indipendentemente dal russo Nikolaj Lobačevskij e dall’ungherese János Bolyai, i quali la diffusero in una serie di scritti pubblicati tra il 1829 e il 1835. Il postulato



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